La “Dismissione” di Fabio Orecchini

Fabio Orecchini (Roma, 1981) ha pubblicato il suo primo libro, Dismissione (Luca Sossella Editore, Bologna 2014), impreziosito dal cd dei Pane, che hanno il merito di proporre un’elegante e intensa fusione tra poesia e jazz, con tutte le caratteristiche per essere eseguita con successo anche sul palcoscenico.
orecchiniSiamo di fronte ad una raccolta sperimentale, la migliore uscita in questo secondo decennio del nuovo millennio, docile e versatile anche dal punto di vista della sua performance, e questo è un caso raro, perché la formatività di Orecchini è frutto di una teoresi molto complessa: il processo di formazione dell’opera è fondato sull’urgenza di rappresentare la realtà della poesia e dell’uomo come realtà autocosciente della materia di cui siamo fatti (<<La nostra coscienza è la materia dei corpi>>), un’astrazione che, per essere efficace, si avvale di uno studio rigoroso del linguaggio settoriale della produzione industriale e degli scarti-veleni che hanno ricadute (e uccidono) l’individuo.
Il tema centrale è la corruzione di questa coscienza-materia di cui è fatto l’uomo da parte della <<meccanica>> esercitata dalla produzione di merci, che inevitabilmente produce e disperde anche scarti e veleni, come le diossine e le polveri d’amianto (ripetuta nella raccolta è l’immagine degli aghi trasportati dal vento). La morte è vista non più di nero vestita e con la falce, piuttosto come una <<Madama Eternit>> che si manifesta per mezzo di malattie i cui fenomeni evidenti sono le leucemie, l’apnea, i blocchi polmonari.
Su un altro piano, l’immagine simbolo sui cui ruota l’operatività del poeta romano, pretesto per la raccolta e per l’utilizzo di un linguaggio preciso, è quell’impianto (industriale, sociale, etc.) che, nonostante la <<dismissione>>, non ha terminato il suo effetto dannoso sulla realtà degli uomini.
La trama del libro si sviluppa in un secondo momento indagando il rapporto relativo a questa <<dismissione>> all’interno di un “padre”, contaminato e malato di cancro.
La stessa indagine viene condotta all’interno di una “madre”, il cui esercizio, attraverso i gesti quotidiani, è visto come una preparazione al <<lutto>>.

dalla sezione Paragrafo III
Stadio finale – Elementi di reazione

II. Diossina

Piaga d’attesa l’infinito decubito
la pelle che arrugina e chiede
per[dono] la fine del tempo,
essere uovo, guscio di carne
scarto di combustioni fossili
uomo ogiemme.

Stacco la spina,
l’Enel che perde un vecchio cliente.

Ma è l’anima del metallo che m’inquieta
che s’aggira
e fessura –
nell’aria pressurizzata si cela –
non mi lascia dormire.

Si gela. E’ mattina. Germinata diossina.

Si gela è mattina germinata diossina

Il ricordo di questi eventi è una specie di <<morfina>> che agisce in noi diluendo il veleno?
Il poeta si domanda se il ricordo potrà <<lenire>> le sofferenze future, ma anche implorando che qualcosa ci sollevi, siamo comunque “figli” di questa situazione.
Orecchini evidenzia sempre un presente tragico, e lo approfondisce con un lavoro sul linguaggio e un’adesione completa ai ricordi dei fatti dolorosi, che lo portano a domandarsi di cosa sia fatto il <<guscio>> di cui siamo realizzati. Si esplora così la possibilità che questa autocoscienza-materia sia un sistema ripetitivo, a causa degli elementi delle identità dei padri e delle madri che si sovrappongono alla nostra identità e per via dei lasciti e degli scarti delle generazioni precedenti; e in alcuni casi le identità delle generazioni precedenti riproducono perfettamente (<<Ma ero io, ero lui?>>) le individualità di chi è appena diventato <<uomo>>, non solo come staffetta eterna tra chi resta e chi non c’è più.

Anche <<Dio>> annusa <<l’aria dall’alto dei caterpillar>> durante questa dismissione ciclica, ma stavolta lo fa per preparare un nuovo tipo di uomo, innestato di materia biotecnologica?
Nell’ultima parte del libro Orecchini abbozza la <<Teoria dell’eterno domani>>, quella che vede l’uomo come prodotto del “futuro”, attraverso <<l’innervamento>> di nuove tipologie di carne, frutto di tecnologie e tecniche, capaci di annullare le dicotomie fondamentali tra materia animata e materia inanimata.
L’inserimento nella materia umana degli aghi di morte, è dovuto alle pratiche di produzione e consumo che, come dice Gabriele Frasca in postfazione, ci hanno lasciato questi <<residui ineliminabili>>; oltre questi scarti, afferma Fabio Orecchini, c’è un nuovo prodotto da veicolare, l’“uomo” modificato tecnologicamente, capace di interagire <<in superficie>> con <<l’enorme camera a gas>> che si è costruito.

Fabio Orecchini (Roma, 1981) vive a Roma. Suoi testi ed opere visive compaiono su quotidiani, riviste, antologie e siti letterari. Collabora con le riviste <<Argo>>, <<Metromorfosi>>, <<AbsoluteVille>>. Come regista ha realizzato [A]livePoetry, un progetto di videoarte e documentazione verbovisiva dedicato ai poeti contemporanei. E’ stato promotore del movimento culturale Calpestare l’oblio, curando inoltre l’edizione cartacea della raccolta omonima [Cattedrale,Ancona]. Nel 2010 ha pubblicato Dismissione [Polimata,Roma], recentemente ripubblicato per i tipi di Luca Sossella, nella sua versione definitiva, completo di cd (ilconcept album dell’opera stessa composto dal progetto Pane) e alcune opere visive (Modelli di bocche) dello stesso autore.

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